“Per invertire il calo costante dei piccoli negozi servono politiche espansive e di rilancio: è fondamentale che chi ci governa lo capisca”
Dario Domenichini, presidente di Confesercenti Emilia Romagna, risponde alle domande piccoli negozi e crisi dei consumi sulle pagine de Il Resto del Carlino.
Di seguito il testo dell’intervista.
«Per invertire il calo costante dei piccoli negozi servono politiche espansive e di rilancio: è fondamentale che chi ci governa lo capisca». A lanciare il monito è Dario Domenichini, presidente regionale di Confesercenti, analizzando l’ultimo decennio e il quadro attuale delle imprese.
Domenichini, si può dire che siamo usciti dalla crisi?
«Il piccolo commercio continua a soffrire: il 2019 sarà un anno molto simile al 2018, in cui prevediamo un calo sia del numero delle imprese che per quanto riguarda i fatturati. E questo non ci rende molto positivi».
Quali i settori più colpiti?
«Se resistono i negozi alimentari, che hanno al proprio interno anche punti legati alla gdo, a fare fatica sono soprattutto i negozi di vicinato extra alimentare. E’ la logica conseguenza di quanto abbiamo già iniziato a vedere lo scorso anno».
Qualche numero?
«Nel 2018 il numero delle imprese ha subito una riduzione pari al -2,3%. I negozi, come detto, incontrano meno difficoltà, ma continuano in ogni caso a vedere un lento e costante declino, molto vicino al -1% lo scorso anno».
Come si inverte il trend?
«Il problema è che per affrontare davvero questa crisi del piccolo commercio occorre passare, una volta per tutte, dalle parole ai fatti».
Che intende?
«Quando sentiamo i politici parlare e affrontare questi temi, spesso viene riconosciuto il valore insostituibile del commercio di vicinato. È un valore aggiunto per la tutela del territorio, e allo stesso tempo per la riqualificazione di diverse aree del Paese».
Manca il sostegno pratico?
«I provvedimenti messi in campo non seguono la stessa direziono dei tanti proclami».
Cosa chiedete alla politica?
«Allo stato attuale serve una svolta. Già bisogna fare i conti con un cambiamento ormai radicale delle abitudini dei consumatori: basta pensare a internet e ai nuovi canali online».
Il web compromette la situazione?
«L’ascesa è netta e contrastare la rete è impossibile. In più, non si riescono a far rispettare neanche norme semplici come quelle sui saldi. Per non parlare delle chiusure domenicali».
Che dire a proposito di questo?
«Dopo neanche due settimane che hanno presentato la proposta di legge, è stata immediatamente ridiscussa. E già stanno pensando ad altro, a qualcosa di diverso. Serve una direzione chiara, fatta di politiche di rilancio e sostegno alle piccole-medio imprese».
Cos’altro?
«Se non si mettono più soldi in tasca ai consumatori, difficilmente potremmo mai pensare di avere un rilancio dei consumi. Soprattutto per quanto riguarda quelli tradizionali».
Le politiche attuali, quindi, non vi convincono.
«È fondamentale agire sul tema fiscale, di cui non si parla abbastanza. Mentre reddito di cittadinanza e quota cento non potranno, se non in minima parte, far aumentare i consumi. I dati e l’esperienza ci dicono che queste misure non sono sufficienti».
Dulcis in fundo, le difficoltà burocratiche.
«Per un esempio, guardare quello che è successo con la fatturazione elettronica. Si parla di semplificazioni e automazioni, ma questi concetti si traducono sempre in un aumento dei costi per le imprese e un aggravio della burocrazia».
Il quadro non sembra molto luminoso.
«Ovviamente non è tutto grigio. Il turismo è un settore che continua a fare da traino e può’ dare ancora tanto. Bologna in questo ha avuta una vera e propria esplosione, lo dicono ad esempio i numeri dell’aeroporto. Ma anche qui, come in tutte le cose, ci sono luci e ombre».
A cosa si riferisce?
«La città è sempre meno vivibile per studenti e ragazzi che cercano casa, con il boom dei ‘bed & breakfast’. Ecco un altro aspetto perché occorrono norme chiare, politiche solide e azioni di sostegno: solo così è possibile allontanare la crisi».