· Aumento dei consumi
· Aumento dell’occupazione
· Aumento delle attività commerciali
· Migliore vivibilità delle città, città più sicure
Questa è la mia scommessa e questo è l’impegno di Confesercenti.
Ecco le componenti della nostra ricetta.
· Costituire un fondo rotativo per l’innovazione degli esercizi commerciali
· Estendere al commercio le misure per la diffusione dell’innovazione tecnologica.
· Restituire centralità al potere di acquisto delle famiglie.
A tal fine adottare uno schema di politica dei redditi centrato su due cardini:
– rispetto delle scadenze contrattuali dei CCNL, per porre termine a una lunga stagione di svalutazione del lavoro.
– detassazione temporanea dei rinnovi dei CCNL, per restituire capacità di spesa alle famiglie.
Ora data una prima risposta a Porro, entriamo nel merito delle nostre proposte:
Il tema della ripresa dei consumi continua a rimanere secondario nel dibattito di politica economica, per noi invece questo è il tema centrale.
I cardini attraverso cui agire, per risollevare la nostra economia, fin qui, sono stati rappresentati esclusivamente da strategie di rafforzamento del settore manifatturiero e di contestuale espansione dell’esportazione.
Dal 2008 ad oggi, l’aumento delle esportazioni ha sopravanzato di 13 punti quello della spesa delle famiglie.
Ma nonostante questo i riverberi positivi sul nostro sistema economico sono stati limitati.
Un gap che evidenzia quanto debole sia la domanda interna.
47 miliardi di consumi, persi in 10 anni, sono una enormità.
Di fronte a questa situazione viene da chiedersi se fra le priorità della politica economica non sia necessario concentrarsi anche sul rilancio dei consumi.
Io ritengo di sì.
Bene ha fatto il Governo e fa a scongiurare ogni ipotesi di aumento dell’IVA e mi auguro che non si tratti di un rinvio al 2018.
Positiva l’ipotesi di una riduzione del cuneo fiscale tesa a favorire l’occupazione giovanile.
Ma anche una eventuale riduzione del cuneo contributivo, per quanto benefico per i conti delle imprese, non è comunque riconducibile a una misura di stimolo per la spesa.
Il tasso di crescita del PIL, in assenza di una contemporanea accelerazione dei consumi, sarebbe limitato.
Un accordo fra parti sociali e Governo in materia retributiva, legato ai rinnovi contrattuali, farebbe da volano per una sostenuta ripresa dei consumi e del PIL.
E porterebbe ad un recupero di 10MD all’anno di consumi con un incremento aggiuntivo dello 0,5% sul PIL.
Le imprese hanno affrontato la crisi, cercando di ridurre i costi.
Un effetto vortice verso il basso, per tutti, imprese, lavoratori e economia, una povertà maggiore e un senso di insicurezza generalizzato.
Agli aumenti legati ai rinnovi contrattuali dovrà essere garantito per il prossimo “quinquennio” il principio degli aumenti per “produttività”.
Meno oneri a carico di datore e dipendente.
Al lavoro, di imprese, autonomo, occasionale o dipendente che sia, va data dignità.
Dobbiamo tutti contribuire ad uscire dalla logica che ha ormai spinto a peggiorare le condizioni di lavoro nostre e dei nostri dipendenti.
Confesercenti rispetterà tutte le scadenze contrattuali e il mio impegno è di rinnovare a brevissimo il contratto del turismo.
Ma al tempo stesso chiediamo al Governo di organizzare, in accordo con le parti sociali, un centro di monitoraggio e verifica della contrattazione, ed intervenire per interrompere la proliferazione di contratti “pirata”.
Il ripristino di un percorso duraturo di sviluppo non può prescindere dalla diffusione della ripresa dei settori ancora in difficoltà.
Il nostro comparto da anni è interessato da trasformazioni profonde.
Trasformazioni che sono state vissute solo passivamente dalla politica economica, tanto da considerare quasi ineluttabile il dimagrimento della distribuzione tradizionale.
Apparentemente destinata a soccombere fra GDO e on line.
E anche continuare a pensare che la piccola dimensione delle nostre imprese rappresenti un limite allo sviluppo, è un errore.
Con l’avvento della digitalizzazione nel commercio, nel turismo e nei servizi, la trasformazione sarà invece proprio guidata dalle PMI.
I negozi sono destinati a modificarsi profondamente, ma non a scomparire.
Meraviglia come l’attenzione di molti osservatori dedicata alle smart cities, le cosiddette città intelligenti, non porti a cogliere che il depauperamento della rete commerciale e la perdita di punti di servizio e socializzazione sia la via principale per portare a città “Non intelligenti”.
Non solo, il piccolo esercizio commerciale conviene:
· L’incremento di un miliardo di euro di fatturato nel commercio tradizionale determinerebbe un incremento fiscale di 78 milioni di euro, mentre lo stesso aumento del volume delle vendite nella GDO determinerebbe maggiori introiti fiscali per 38 milioni di euro con una differenza di 40 Milioni di €.
· Così come l’incremento di un miliardo di euro di fatturato nel commercio tradizionale determinerebbe 13.000 nuovi posti di lavoro, mentre lo stesso aumento del volume delle vendite nella GDO determinerebbe 3.500 nuovi occupati, con una differenza di 9.500 occupati
Il 2017 sarà l’anno record per il nostro turismo, si supereranno i 400 milioni di presenze.
Tra contributi diretti, indiretti ed indotti, il turismo vale più dell’11% del nostro PIL e dà lavoro a 3 milioni di persone.
Più di un occupato su dieci, nel nostro Paese, lavora grazie al turismo.
Per mantenere questa vitalità, le imprese debbono poter investire ed essere affiancate da scelte di politica economica efficaci, anche governando il cambiamento tumultuoso che sta interessando l’offerta ricettiva con l’avvento della sharing economy.
AirBnB ha fatto rapidamente emergere un numero elevatissimo di abitazioni offerte come alloggi turistici.
Una novità importante che pone sfide inedite, anche sul versante della concorrenza e della lotta all’abusivismo.
Sotto molti aspetti, il turismo è già 4.0: ma è necessario fare di più.
Terziario e turismo devono entrare a pieno titolo nello sviluppo digitale.
La definizione di un Piano Nazionale Turismo 4.0 e Terziario 4.0, integrato ed in linea con il Piano Nazionale Industria 4.0, è il nostro obiettivo.
Amiche, amici. Graditi ospiti,
Grazie per essere qui.
Scusate se non vi ho salutati prima, ma per me oggi è una giornata speciale e, come tale, ho iniziato partendo dalla fine.
Prima le proposte, poi il resto.
Ho accettato questo incarico di Presidente di Confesercenti con orgoglio e determinazione.
La voglia di chi ha in animo di fare tutto presto e bene.
Con la consapevolezza di dover affrontare momenti difficili.
L’orgoglio di poter rappresentare migliaia di imprenditori e di appartenere ad una grande famiglia.
Da un po’ di anni a questa parte abbiamo accumulato più preoccupazioni che risparmi.
Spesso in affanno, ad inventarci di tutto per dare fiato alle nostre imprese e serenità alle nostre famiglie.
Ma oggi dobbiamo guardare al futuro, il nostro futuro.
Di quello che vorrei fosse, per la mia impresa e per le vostre.
Difenderci, lottare, ogni giorno pronti per cambiare.
Mai stare ad aspettare.
Dobbiamo crescere per far crescere il Paese.
Ne parleremo oggi idealmente con tutti i nostri colleghi.
Dal Piemonte, attraversando l’Abruzzo per arrivare in Sicilia.
Saluto Claudio Chiamparino da Torino e manifesto la nostra vicinanza alla città oggi in lutto per la morte di Erika Pioletti, saluto Luciano D’Alfonso e Massimo Cialente da l’Aquila, Leoluca Orlando e Flavio Crocetta da Palermo.
Un grazie affettuoso alla Presidente della Camera Laura Boldrini per essere qui, cosi come do un caro saluto al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e a Giovanni Legnini Vice Presidente del CSM .
Siamo passati dall’era dell’intermediazione a quella della disintermediazione.
Tutto pare cambiare e sfuggirci.
Social, on line, digitale; volenti o nolenti sono parte del nostro quotidiano, del nostro vivere minuto per minuto.
Reti nelle quali ci sentiamo spesso impigliati ma che dobbiamo sapere meglio utilizzare.
Scenari politici in continua evoluzione.
A volte inaspettati e sorprendenti.
Basti pensare alla Brexit, all’Europa che rischiava di sfaldarsi.
Ma che le elezioni francesi hanno rinsaldato.
Che dire poi delle recenti elezioni in Gran Bretagna?
Ed in Italia?
Una endemica debolezza della politica nostrana a non sapere cogliere le priorità per il Paese, ci fa oscillare fra ipotesi di riforma elettorale e voto anticipato.
Le imprese invece hanno bisogno di certezze, l’economia ne gioverebbe.
Avremo finalmente un’Europa forte e coesa, con un’Italia determinante?
Nell’Europa c’è il nostro futuro, ma l’Europa non deve essere la nostra camicia di forza!
Le imprese italiane dovrebbero godere delle condizioni competitive destinate alle altre imprese della UE.
Su ognuno di noi pesa una condizione economica che ha oscillato fra deboli segnali di crescita e repentine sterzate, con un fardello di debito pubblico che stentiamo a ridurre.
I fatti di Manchèster e di Londra, ci hanno posto, per l’ennesima volta, di fronte alla follia del terrorismo.
Un fanatismo bieco che condanniamo e che dobbiamo abbattere.
L’Italia è la porta di accesso e di speranza per migliaia di persone che fuggono da guerre, carestie, disperazione.
Siamo “Il bel Paese” anche per questo.
Ma è un dovere anche di ognuno di noi fare diventare il Bel Paese più efficiente, meglio organizzato, più rispettoso delle regole.
Capace di gestire le emergenze, con Governi e Istituzioni che sappiano dare risposte, speranze e certezze.
Il nostro pensiero va alle popolazioni dell’Italia centrale colpita dal sisma, non le dobbiamo abbandonare.
L’effetto del terremoto è stato disastroso anche per l’economia. Solo nelle zone più colpite si è perso il 47%, un dramma che pesa su ognuno di noi.
Facciamo riaprire al più presto le tante, troppe, saracinesche ancora abbassate. Facciamo ripartire le imprese.
Non posso nascondere come in questi anni le nostre delusioni siano state cocenti.
Nel novembre 2011, recependo le direttive europee, il Governo italiano ha varato lo Statuto delle Imprese.
Legge fondamentale per la tutela dello sviluppo delle piccole e medie imprese.
“Valutazione preventiva dell’impatto delle nuove norme”.
“Progressiva riduzione del carico fiscale”.
“Facilitazioni al credito”.
“Una legge annuale per le PMI”.
Musica per le nostre orecchie.
Ma si è trattato di entusiasmo di breve durata.
Subito dopo sono stati disattesi gli impegni presi.
· Senza valutazione preventiva d’impatto si è dato via libera alla liberalizzazione degli orari di apertura delle attività commerciali.
Si tratta solo della prima di una lunga serie di disattenzioni dello Statuto delle Imprese che, dal suo varo ad oggi, è già stato ignorato in almeno 50 occasioni.
· Che dire poi per ultimo della gestione schizofrenica della vicenda Bolkestein.
Si è dato ascolto a chi di più ha urlato e ora con un intervento fuori tempo massimo dell’Autorità Garante tutto viene rimesso in discussione.
Con gravissime conseguenze per tutte le imprese interessate, e per quelle Regioni e quei Comuni che hanno agito nel rispetto delle norme definite e concordate
· Nel 2016, il peso della tassazione di una PMI italiana si è attestato al 64,8%.
· 10 punti in più di un omologo imprenditore dell’area Unione Europea.
· In 5 anni hanno chiuso 267mila negozi: circa 6 ogni ora; il credito erogato alle imprese ha subito una contrazione cumulata superiore a 150 miliardi di euro.
Ben 30 miliardi di finanziamenti in meno all’anno.
E lo scotto più grave lo hanno pagato le nostre città: dai nostri centri urbani sono scomparse per sempre 70mila attività commerciali. E dietro ad ognuna ci sono imprenditori dipendenti e le loro famiglie che devono riorganizzare il proprio futuro. Ancora attuale risulta essere lo slogan coniato quasi ventanni fa “Se vive il commercio vivono le Città”
Saluto invece con grande soddisfazione la recente iniziativa adottata dalla Guardia di Finanza. Più controlli agli abusivi e meno rigidità sugli scontrini fiscali. Un bel messaggio. Una scelta che apprezziamo e che va nella giusta direzione.
Ministro Calenda, mi rivolgo a Lei, la filiera del franchising rappresenta una opportunità di moderno sviluppo per i nostri settori.
Un mondo in controtendenza, in costante e continua crescita, per il quale stimiamo nel prossimo quinquennio un incremento di oltre 1.000 franchisor e 53.000 franchisee.
Ma è possibile, nell’era della digitalizzazione, che un settore economico così rilevante sfugga ad ogni rilevazione statistica ufficiale?
Ci troviamo in uno stato di inaccettabile contraddizione.
Le micro e piccole imprese dei nostri comparti per condizioni strutturali, burocrazia, peso fiscale sono quasi nell’impossibilità di continuare ad essere presidio di servizio per le nostre città.
Ma Potrebbero le nostre città vivere senza mercati e botteghe?
E’ una minaccia che incombe, contro la quale occorre opporsi.
Il settore commerciale è sottoposto ad un processo di trasformazione e riorganizzazione.
· Le strade e le piazze delle città si spopolano, ma in internet le attività si moltiplicano.
In Italia ogni giorno 98 persone subiscono scippi e rapine.
4 scippi ogni ora.
Gli internauti italiani subiscono 394 truffe o frodi informatiche ogni giorno.
Navigare sul Web è 4 volte più pericoloso che camminare per strada.
L’e-commerce continuerà a crescere.
Ha raggiunto nel 2016 19,3 miliardi di euro.
Per il web vanno adottate nuove regole.
Le imprese di provenienza estera operanti nell’e-commerce italiano generano da sole più di metà dell’intera crescita con una tendenza ad ingrandirsi sempre di più, delocalizzando risorse che mancheranno alla nostra economia.
Accanto alla crescita dell’e-commerce stanno prendendo sempre più forma delle modalità di consumo che hanno come elemento fondante la condivisione.
Dai trasporti alla ristorazione, dai servizi immobiliari a quelli professionali fino alle attività finanziarie e assicurative la share economy si è ramificata e sfugge a puntuali misurazioni.
Ma non è accettabile che alcuni possano sfuggire alle regole a cui sono sottoposte tutte le altre imprese.
L’on-line, abbiamo visto, crescerà, ed anche in modo consistente.
Ma come?
Sarà trainato da imprenditori italiani o proseguirà il trasferimento di ricchezza a favore di imprese straniere e l’impoverimento delle nostre risorse?
La distribuzione così come tradizionalmente intesa cambierà.
Ma la vera scommessa, per quanto ci riguarda, sta nella trasformazione di quella che oggi ancora non è una rete, in una vera e potente rete
degli esercizi tradizionali di vicinato.
Sempre più digitali, sempre più connessi, sempre più indispensabili per la rigenerazione del tessuto urbano delle nostre città.
Un intreccio sinergico fra turismo, servizi e commercio.
Una rete già esistente che non richiede nuovo consumo di spazio, ma di essere trasformata e rigenerata.
Un sistema che coniuga servizi, sfrutta le potenzialità dell’on-line, ma che è sempre più vicino alla gente.
Il passaggio dal tradizionale sistema distributivo italiano, che oggi esiste come moltitudine disconnessa e puntiforme, ad una nuova e moderna dimensione di esercizi connessi in rete tra loro. Una dimensione di interazione, tutela e sostegno reciproco fra i soggetti della rete stessa.
Il made in Italy non è solo rappresentato dalla qualità del genio creativo dei nostri produttori.
· Il made in Italy sono anche le nostre città, le nostre bellezze, la nostra arte ed il modo nostro di vivere.
· L’arte dei nostri baristi nel fare il caffè.
· L’arte e la sapienza dei nostri pasticceri.
· La qualità e la varietà dei nostri piatti.
· La capacità dei nostri ristoratori nel valorizzarli.
· La vivacità dei nostri mercati.
· La qualità del servizio dei nostri lidi marini.
· La professionalità, cortesia e la disponibilità dei nostri albergatori.
· L’inventiva dei nostri commercianti nell’esporre e nell’offrire il meglio dei propri prodotti.
· L’infinita varietà della nostra offerta turistica e la bravura delle nostre guide.
· Le nostre vie commerciali, i centri commerciali naturali.
Il made in Italy è anche, soprattutto questo.
Fatto di un unicum di imprese spesso piccole, che grazie al nostro patrimonio storico, culturale e naturale rendono le nostre città ed i nostri borghi luoghi inimitabili.
C’è poi un altro made in Italy quello negativo.
Che anche questo, ahi noi, ci porta spesso in giro per il mondo.
Quello dell’Italia che non funziona.
Corruzione, sprechi, criminalità, giustizia che non arriva, regole non rispettate, evasione fiscale, lavoro nero, burocrazia, senso civico che latita.
Il made in Italy che dobbiamo cancellare.
Per fare questo dobbiamo intervenire anche sulla politica.
Dobbiamo dire con forza che la pratica di ignorare la rappresentanza sociale, i corpi intermedi quali noi siamo, ha lasciato spazio alla politica delle divisioni e delle polemiche, mentre noi dobbiamo pretendere che i nostri eletti si preoccupino innanzi tutto di risolvere i problemi!
Non può essere solo la piazza o il web il luogo di confronto fra cittadini ed istituzioni.
Mi auguro che Rete Imprese Italia con gli amici Basso, Merletti, Sangalli e Vaccarino, ed ora con la presenza di una donna, sappia ancora di più unire!!
E coagulare gli interessi delle nostre imprese verso intese e soluzioni, sempre più condivise.
Le associazioni hanno costituzionalmente un ruolo fondamentale.
Dobbiamo saperlo valorizzare, chi governa non lo può ignorare.
Questo compito spetta in primis anche a noi.
Dobbiamo essere in prima linea, dare l’esempio.
Non nasconderci.
Anche questo è il mio impegno.
L’impegno di una donna imprenditrice che insieme alle tante donne e uomini che oggi dirigono le nostre Associazioni territoriali, vuole imprimere alla gestione della nostra grandissima famiglia nuovo dinamismo e qualità.
Un’associazione che chi mi ha preceduta mi consegna oggi profondamente rinnovata.
A tutti loro un immenso grazie.
Hanno favorito con decisione il rinnovamento.
Oggi Confesercenti è una associazione che deve porsi in prima linea e scommettere sul proprio futuro.
Associazione che intendo guidare con fermezza, con tenacia e determinazione.
Grazie, grazie tante a tutti.
Consapevoli dell’importanza che il nostro lavoro di imprenditori ha anche per la crescita del Paese.