FIBA Confesercenti Sicilia sostiene il Si del voto referendario previsto il 17 aprile prossimo venturo, per dire no agli interessi dei petrolieri e delle “lobby” che perseguono il solo obiettivo del profitto a discapito della tutela dei nostri litorali, sui quali migliaia di imprese sostenibili hanno creato sviluppo e occupazione. Occorre, dichiara Alessandro Cilano Referente Fiba Confesercenti Sicilia, pianificare con occhio meno miope, rispetto a quanto si sta facendo, la futura programmazione delle Politiche energetiche del nostro Paese affinché siano rispettati i principi di sostenibilità, soprattutto in un territorio a forte vocazione turistica come l’Italia. Una considerazione precisa Cilano che diventa ancor più importante in una Regione come la Sicilia, realtà insulare, in cui lo sviluppo del territorio, fortemente incentrato sull’industria turistica, ruota intorno alla risorsa mare. In ragione di ciò Fiba Confesercenti Sicilia auspica una reazione da forte da parte della Politica che non può rimanere indifferente nei confronti di misure e provvedimenti irresponsabili che potrebbero minacciare il nostro patrimonio costiero di inestimabile valore. Votare No al referendum comporta l’attuazione dell’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016). Ciò determina, nei fatti, l’estensione delle concessioni per le attività estrattive fino ad esaurimento dei giacimenti, per le trivelle poste entro le dodici miglia nautiche dalla costa, che rappresentano un terzo del totale dei giacimenti estrattivi presenti in Italia. Sono pertanto 7 le attività estrattive, presenti entro le dodici miglia della costa Siciliana, che se passasse il No al referendum, diverranno legittimate a perpetuare le proprie attività fino all’esaurimento delle scorte nei giacimenti e quindi ben oltre i 45 anni previsti dalla norma vigente. Una misura che stride fortemente con l’obiettivo di favorire e sostenere la tutela del patrimonio ambientale che costituisce fonte di crescita e di sviluppo per molti territori, e che rappresenta un freno al processo di cambiamento a cui ognuno deve partecipare per dare il proprio contributo, verso l’affermarsi della “green economy” come atto di responsabilità nei confronti dell’ambiente e delle future generazioni.