La relazione del Presidente Confesercenti: Governo metta al centro le imprese diffuse
Un carissimo saluto a tutti voi e un cordiale benvenuto ai nostri autorevoli ospiti. Ci attendono due giornate di lavoro, molto intense ma altrettanto, auspico, piene di interesse. E’ dal 2002 che, ogni anno, il gruppo dirigente di Confesercenti si ritrova qui a San Martino in Campo. Con il supporto di economisti, rappresentanti di Governo, docenti universitari, ci confrontiamo per analizzare lo “stato di salute” della nostra economia e del Paese. Con un occhio che guarda al presente e con l’altro che tenta di anticipare e valutare gli scenari del prossimo futuro.
Predire il futuro è esercizio da indovini, ma comprendere dal punto di vista economico quello che ci attende, per le imprese, è fondamentale.
Avere un quadro stabile e ben delineato, potere disporre di norme certe e durature, permette ad un imprenditore di programmare investimenti, fare innovazione, avviare e rinnovare azioni di marketing, definire nuove strategie. Il filo conduttore del nostro Meeting 2016, come avrete certamente notato, è “la grande incertezza”. Un titolo da film. Un film che per i due terzi dell’anno in corso ha caratterizzato la nostra quotidianità di imprenditori e cittadini.
L’arrivo della crisi economica internazionale, come verrà illustrato, nel 2007, ha colto l’Italia impreparata e costretta ad un regime di austerità, ed è solo negli ultimi due anni che la stretta fiscale si è interrotta. Il Governo con tenacia e determinazione ha avviato politiche espansive per il rilancio dell’economia. Riteniamo da questo punto di vista meritorio il ruolo svolto con l’Europa, una vera rivoluzione rispetto il passato. Ma la ripresa, registrata nel primo trimestre del 2015, non ha poi trovato continuità. I ritmi di crescita sono rimasti contenuti. Le attese sul PIL costantemente ridimensionate. Le previsioni degli economisti per gli anni a venire sono difformi e comunque sempre fra lo 0 e l’1%.
Le politiche di sostegno alla crescita adottate nell’ultimo biennio, il bonus di 80 euro, l’eliminazione dalla base imponibile IRAP del costo del lavoro, l’abolizione della tassa sulla prima casa, le agevolazioni contributive sui nuovi assunti, la rinuncia a nuovi aumenti dell’IVA, per quanto apprezzate, non sono state sufficienti a fungere da volano per una decisa ripresa.
La situazione di diffusa incertezza in cui si ritrovano famiglie e imprese italiane ne è la testimonianza. Tanto più alto è il grado di incertezza tanto più bassa è la propensione delle imprese a realizzare investimenti e tanto maggiore è la tendenza delle famiglie ad un risparmio di tipo precauzionale.
Nel 2016 stiamo viaggiando su un ottovolante. A cominciare dal Brexit, il più grande colpo inferto al processo di integrazione europea, il cui costo economico potrebbe scaricarsi sull’intera area più che sul Regno Unito. Un colpo inaspettato, non previsto, che costerà probabilmente anche al nostro Paese.
L’Europa continua ad avvitarsi nell’insipienza delle proprie politiche: le nuove regole per la risoluzione della crisi bancaria ne sono un efficace esempio. L’instabilità bancaria è il ponte ideale che porta dai fattori di incertezza Europei a quelli italiani. Il fallimento di alcuni istituti di credito italiani, la crisi di MPS non hanno certo rassicurato imprese e risparmiatori.
Dal punto di vista sociale l’intensificarsi dei flussi migratori apre perplessità anche nelle più avanzate politiche di integrazione. Il nostro Paese, è quello che più di altri potrebbe risentirne. Il terrorismo che ha colpito l’Europa nel 2016 ha esasperato un già diffuso clima di insicurezza e paura.
Nonostante vada segnalata una stagione turistica tutta con segno più, i problemi del Comune di Roma e lo stesso non scontato esito del referendum costituzionale raffigurano con efficacia il clima di incertezza che, come un’ombra, ci sta accompagnando alla fine del 2016.
Prof. Nannicini, ho letto con molto interesse alcune anticipazioni sulla prossima legge di bilancio che spero Lei possa confermare.
Il taglio dell’IRES, il super ammortamento, la flat-tax per le imprese individuali, le agevolazioni fiscali per alberghi e ristoranti, la manovra per le pensioni, il superamento degli studi di settore. Ben vengano, buone nuove per noi.
Così come apprezziamo la riapertura della Sala Verde per le parti sociali. La ripresa del confronto con le parti sociali è una notizia ottima per il Paese: l’Italia ha bisogno di buona concertazione, è un valore aggiunto a cui non dobbiamo rinunciare.
Una raccomandazione, però, la debbo fare: il Governo metta finalmente al centro per la crescita del paese la valorizzazione ed il sostegno alle imprese diffuse. Fino ad ora le misure approvate dal governo per sostenere l’attività delle imprese hanno favorito principalmente le imprese di dimensioni medio-grandi.
Le varie misure di sgravio fiscale per incentivare gli aumenti di produttività, o per incentivare l’applicazione della contrattazione di secondo livello, di nuovo, rischiano di tagliare fuori le imprese meno organizzate, con pochi dipendenti.
Con l’effetto che a livello di sistema produttivo i benefici e gli effetti positivi non saranno ampi e generalizzati, tali da generare un effettivo stimolo alla crescita economica. Sono infatti 1,6 milioni le imprese che occupano fino a 15 dipendenti. Il 40% del totale imprese ed il 40% del totale occupazione. E sono oltre 2,6 milioni le imprese senza dipendenti.
Per tutte queste imprese, soggette agli studi di settore, che dichiarano ricavi superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi, si potrebbe applicare una tassazione agevolata per la parte eccedente e per i premi di produttività riconosciuti ai lavoratori. Si tratterebbe di “interventi compensativi” che avrebbero il vantaggio di premiare imprese virtuose.
In una fase in cui le prospettive di crescita dell’economia sembrano essere nuovamente ridotte, va rafforzata la domanda interna, attraverso interventi diretti soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, ma non solo. I consumi si rafforzano con una più rapida crescita del reddito, al lordo e al netto delle tasse, riducendo le aliquote IRPEF.
Il tema della mortalità delle PMI è uno degli elementi centrali della fase storica attuale. E’ per queste motivazioni che andrebbero promosse misure che limitino la probabilità di chiusura delle imprese, soprattutto nei primi anni di vita.
Occorre favorire una “digitalizzazione di massa” del sistema delle imprese nel suo complesso. Lavorare per un’innovazione diffusa. Vanno previste forme di accompagnamento ed incentivo per la qualificazione e riqualificazione delle competenze degli imprenditori, voucher o crediti formativi, che gli imprenditori potrebbero utilizzare a questo scopo. Insomma, ci vorrebbe un ‘digital act’. Un intervento che inciderebbe molto positivamente sulla nostra economia, aumentandone i livelli di produttività e accelerando la capacità di internazionalizzazione delle imprese, anche di quelle che non possono aprire sedi all’estero, attraverso la vetrina di internet.
Sul tema della digitalizzazione e dei pagamenti elettronici, vorrei ulteriormente richiamare la Sua attenzione.
Un Paese a forte economia turistica come il nostro deve modernizzarsi e favorire i pagamenti elettronici. Occorre però che il governo italiano assicuri la piena applicazione del Regolamento Europeo per le commissioni interbancarie. Nonostante il POS sia stato reso obbligatorio nel 2016, i costi della moneta elettronica sono di fatto aumentati, per la stragrande maggioranza di PMI.
Il Parlamento Europeo sta per varare un progetto pilota riguardo il commercio tradizionale al dettaglio, con l’obiettivo di sostenere i ”piccoli retailers” indipendenti per il valore che questi hanno per l’equilibrio della vita nella città. Ci auguriamo che questo progetto venga sostenuto dal Governo italiano.
Dopo le liberalizzazioni che hanno fatto terra bruciata della vitalità commerciale delle nostre città, attendiamo proposte innovative ricordando che la vita media delle imprese si è molto ridotta, nel commercio dopo 3 anni dalla nascita scompare il 40% circa di imprese. Ma anche che i consumi sono al palo, e che la spesa media delle famiglie si è ridotta di 160 euro mensili dal 2007 ad oggi; che i livelli di tassazione locale, in particolare la TARI, sono aumentati in modo esponenziale e che la quota della GDO nel largo consumo è ormai del 75%
Il 24 agosto il terremoto ha sconvolto i territori di Paesi non distanti da qui. Territori la cui economia è particolarmente dipendente dalla spesa turistica. Nell’area è di rilievo la consistenza di bar, ristoranti ed esercizi commerciali di prodotti enogastronomici. La spesa turistica subirà un tracollo delle presenze nelle attività ricettive, anche per quanto riguarda la seconda casa. L’impatto negativo si propagherà per un tempo di almeno 5 anni, con una riduzione del PIL fra il 15% ed il 47% per i tre Comuni più colpiti.
Proponiamo che il Governo per i prossimi 5 anni adotti un piano di esenzione “totale” per permettere a queste imprese di reinsediarsi e contribuire alla crescita di Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto.
Una proposta per le imprese, da affiancare a Casa Italia, il piano predisposto dall’esecutivo per la ‘messa in sicurezza’ del Paese. Un piano che apprezziamo: riteniamo che possa davvero contribuire a rendere più sicure le case degli italiani. E che crediamo possa avere un effetto positivo anche sull’economia, rilanciando gli investimenti.
In ogni caso, dopo il sisma, abbiamo, come tutti, voluto dare il nostro contributo concreto.
In questa settimana i ristoratori di Confesercenti stanno offrendo l’incasso del primo piatto Amatriciana per sostenere la ripresa delle attività imprenditoriali nei paesi sconvolti dall’evento sismico.
Un atto di generosità dei nostri ristoratori che voglio qui ringraziare.
Convinto che è proprio con questi semplici gesti che il cuore del paese riprende con energia a pulsare e a ridare a tutti noi lo stimolo per fare di più e meglio.