L’aggiornamento della nota triplica lo 0,8% del deficit tendenziale previsto dal documento ad Aprile. Si è oltre i parametri imposti dagli accordi con la Ue. Tra gli interventi Quota 100, Reddito di cittadinanza e avvio della Flat Tax
Deficit al 2,4% per tre anni. Il fronte che voleva maggiore spesa ha la meglio, ed il Consiglio dei Ministri approva una nota d’aggiornamento del Def che supera sia la previsione iniziale – che indicava un deficit tendenziale dello 0,8% – che dei paletti imposti dagli accordi con l’Europa, che impongono un deficit massimo – anche considerate maggiori flessibilità – dell’1,6%-1,7% ritenuto compatibile con una riduzione del deficit strutturale dello 0,1% l’anno. In valore assoluto, sono circa 27 miliardi di euro in più da mettere sul piatto rispetto alla previsione di Aprile. Tra gli interventi confermati, l’avvio del reddito di cittadinanza, la quota 100 per le pensioni e un primo passo in direzione della flat tax.
Ecco i punti principali del programma di politica economica e finanziaria del Governo illustrato nella NaDef riportati dal comunicato ufficiale di Palazzo Chigi.
- la cancellazione degli aumenti dell’Iva previsti per il 2019;
- l’introduzione del reddito di cittadinanza, con la contestuale riforma e il potenziamento dei Centri per l’impiego;
- l’introduzione della pensione di cittadinanza;
- l’introduzione di modalità di pensionamento anticipato per favorire l’assunzione di lavoratori giovani (superamento della legge Fornero);
- la prima fase dell’introduzione della flat tax tramite l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato di imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani;
- il taglio dell’imposta sugli utili d’impresa (Ires) per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi;
- il rilancio degli investimenti pubblici attraverso l’incremento delle risorse finanziarie, il rafforzamento delle capacità tecniche delle amministrazioni centrali e locali nella fase di progettazione e valutazione dei progetti, nonché una maggiore efficienza dei processi decisionali a tutti i livelli della pubblica amministrazione, delle modifiche al Codice degli appalti e la standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato;
- un programma di manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamenti italiana a seguito del crollo del ponte Morandi a Genova, per il quale, in considerazione delle caratteristiche di eccezionalità e urgenza degli interventi programmati, si intende chiedere alla Commissione europea il riconoscimento della flessibilità di bilancio;
- politiche di rilancio dei settori chiave dell’economia, in primis il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni;
- lo stanziamento di risorse per il ristoro dei risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie.
Nella bozza del Piano nazionale riforme, che il governo deve varare contestualmente all’aggiornamento al Def, predisposto dal Tesoro è sottolineata la necessità della riduzione del debito pubblico e di una politica economica che non può prescindere dalla sostenibilità delle finanze pubbliche. D’altra parte però il documento “opta per un miglioramento del saldo strutturale più graduale sulla base della considerazione che un aggiustamento di 0,6 punti percentuali di Pil all’anno implicherebbe un’eccessiva stretta fiscale”. Secondo le bozze di Pnr circolate ieri tra la stampa – ma definite superate in alcuni punti dalle fonti del governo – gli interventi saranno tutti avviati con la prossima manovra.
Innanzitutto la Flat Tax. Si parte con l’estensione del forfettario ai ricavi fino a 65mila euro, poi dal 2020 si passerà all’Irpef. La previsione è di passare dalle attuali cinque aliquote a tre aliquote, restringendo ulteriormente a due a partire dal 2021. L’obiettivo finale è di arrivare ad un’unica aliquota del 23% per i redditi fino a 75 mila euro e del 33% sopra a tale livello entro la fine della legislatura.
Prende forma anche la ‘pace fiscale’ che intende attuare il governo. La previsione è di accettare il saldo e stralcio a tutti i contribuenti “con cartelle esattoriali e liti fiscali, anche pendenti fino al secondo grado fino a 100mila euro”. Nel testo si ricorda che il complesso dei crediti fiscali vantati dallo Stato è di “800 miliardi” di cui “solo 50 miliardi sono effettivamente recuperabili”.
Pochi i dettagli trapelati sul reddito di cittadinanza, oltre alla previsione di investire 10 miliardi di euro ottenuti grazie al maggiore deficit. Il provvedimento mira a sostenere il reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa individuata dall’Eurostat per l’Italia (pari a 780 euro mensili) e a fornire un incentivo a rientrare nel mercato del lavoro, attraverso la formazione obbligatoria e l’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore. Si prevede una riforma – rafforzamento qualitativo e quantitativo, specifica la bozza – dei centri per l’impiego per sostenere il nuovo impianto normativo.
Le pensioni di cittadinanza integreranno invece le pensioni esistenti al valore della soglia di povertà relativa di 780 euro. Una parte delle risorse destinate alla realizzazione di misure verrà dall’abolizione delle pensioni d’oro, con un taglio degli importi superiori a 4.000 euro netti mensili, non corrispondenti alle effettive contribuzioni.
In arrivo anche quota 100 e quota 41: si potrà andare in pensione anticipatamente senza il requisito anagrafico per chi ha maturato un’anzianità contributiva di 41 anni. A questo si aggiunge il requisito di ‘quota 100’ come somma di età anagrafica e contributiva, con alcune restrizioni funzionali alla sostenibilità del sistema previdenziale. Previste anche misure per le donne con carriera
discontinua.
C’è poi il capitolo Tav. Come annunciato, il governo intende sottoporre ad un riesame, attraverso un’attenta analisi costi-benefici, le grandi opere in corso: la Gronda autostradale di Genova, la Pedemontana lombarda, il terzo valico, il collegamento tra Brescia e Padova e la tratta Torino-Lione.
Tra le riforme costituzionali torna anche l’eliminazione del Cnel la riduzione del numero dei parlamentari, con la diminuzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200.